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Torre dello Ziro

Sullo sperone di roccia che si protende verso il mare, tra Atrani ed Amalfi, si eleva la torre dello Ziro, con uno stretto camminamento, cinto da mura merlate, che la collega al punto estremo della spianata.
Le prime notizie su questa torre risalgono al 1151, quando viene ancora chiamata “Rocca di S. Felice”, mentre a partire dal 1292 diventa Turris cziri.
A questa struttura è legata una storia molto conosciuta tra la gente del luogo; si racconta che la torre fu utilizzata come luogo di prigionia per Giovanna d’Aragona. Questa, sposata giovanissima ad Alfonso Piccolomini duca di Amalfi, quando troppo presto (a circa venti anni) divenne vedova, intraprese una relazione amorosa con il suo amministratore (servo) Antonio Bologna, che in seguito sposò in segreto e da cui ebbe dei figli. Quando i due fratelli di lei, il cardinale Carlo e Federico, scoprirono la cosa, mostrarono il loro dissenso cercando di dividere i due amanti; questi fuggirono, ma, rintracciati, il Bologna fu ucciso e Giovanna fu ricondotta ad Amalfi dove sparì.

La storia, svoltasi nel 1500, è un fatto realmente accaduto, raccontato tra i tanti da Matteo Bandello nelle sue novelle, testimone oculare della vicenda perché era amico del Bologna; poi venne addirittura trasposta in forma di tragedia da John Webster, nel XVI secolo, che però conclude la vicenda con l’uccisione di Giovanna da parte di un sicario, il Bosola.
La tradizione locale racconta invece che Giovanna, ricondotta ad Amalfi, fu rinchiusa nella Torre dello Ziro e murata viva insieme ai figli, frutto dell’amore segreto; la riprova di questa conclusione sta, secondo la vox populi, nell’assenza di porte nella torre.

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